\paperw9000 \margr0\margl0 \plain \fs20 \f1 \fs24 Una funzione di primo piano nel contrasto delle influenze spagnola e francese in Italia assolse il ducato di Savoia con Vittorio
Amedeo II (1675-1730), ora alleato ora nemico della Francia. Alleato di Luigi XIV, nel gennaio 1687 si rec≥ segretamente a Venezia ed entr≥ in trattative con i rappresentanti della Lega dÆAugusta, dalla cui parte si schier≥ apertamente nel 1690, costrin
gendo cos∞ il re di Francia a restituirgli Pinerolo e a smantellare la fortezza di Casale (1696). Scatenatasi la guerra per la successione di Spagna (1701-04), Vittorio Amedeo II credette giunto il momento per poter realizzare la sua grande aspirazione d
i annettere lÆintera Lombardia e di cingere la corona regia. Mentre la maggior parte degli stati italiani restava neutrale senza peraltro salvare il territorio della penisola dallÆesser campo di battaglia tra i contendenti (offensiva degli imperiali sul
Mincio nel giugno 1701), il duca di Savoia si alle≥ con la Francia (altro alleato di questa fu il duca di Mantova), ma nel 1703, proseguendo nella sua astuta e a volte cinica politica, pass≥ dalla parte degli imperiali. Gli avvenimenti bellici non gli fu
rono favorevoli (invasione francese del 1704, sconfitta di Susa, assedio della cittadella di Torino salvata nel 1706 dallÆatto eroico del minatore Pietro Micca); solo la congiunzione delle truppe sabaude con quelle imperiali al comando del principe Eugen
io permise una vittoria decisiva sulle truppe francesi (7 settembre 1706).\par
Le paci di Utrecht e di Rastadt, se soddisfecero le ambizioni del duca Vittorio Amedeo II, segnarono tuttavia anche per altri aspetti una svolta nella storia del problema ita
liano, ribadendo da un lato la presenza delle monarchie straniere sul suolo italiano (ora era la volta dellÆAustria) e dallÆaltro creando le premesse di quel fenomeno di dinastie di origine estera, ma ben presto pi∙ o meno amalgamatesi con lo stato da es
se governato, che durerα fino al 1860. Tali paci, infatti, sottrassero al nuovo re di Spagna Filippo V tutti i possessi italici, assegnando il Milanese, la Sardegna, il Napoletano e lo Stato dei presidi allÆAustria, che giα dal 1708 aveva occupato Mantov
a; la Sicilia con il titolo regio a Vittorio Amedeo II, che ottenne pure i distretti dellÆex Lombardia spagnola, della Lomellina e della Valsesia e mantenne il Monferrato, che aveva occupato nel 1708.\par
Questo quadro territoriale fu sul punto di esser
e modificato, poco dopo, dallÆintraprendente politica del primo ministro spagnolo, il cardinale Giulio Alberoni, operante per conto della regina Elisabetta Farnese: questa intendeva trovare dei regni per i propri figli, che, essendo di secondo letto, era
no esclusi dallÆereditα spagnola del marito Filippo V, e il suo desiderio coincise con la volontα di una pi∙ dinamica politica estera da parte della Spagna, propria del suo ministro. Cos∞ Alberoni fece occupare la Sardegna (1717) e poi la Sicilia (1718),
ma la Quadruplice Alleanza (Francia, Inghilterra, Olanda e Austria) non toller≥ simile occupazione: la flotta inglese battΘ nelle acque siciliane quella spagnola e Filippo V, licenziato Alberoni (1719), dovette sottoscrivere il trattato dellÆAia, defini
tivo riconoscimento dellÆassetto territoriale fissato a Utrecht.\par
Dalla grave crisi fu lÆAustria a trarre giovamento: allÆAia fu fissato anche lo scambio tra la Sicilia e la Sardegna rispettivamente da parte del re Vittorio Amedeo II e dellÆimperator
e; la Sardegna fu ufficialmente consegnata al primo lÆ8 agosto 1720. Lo scambio fu dovuto essenzialmente a ragioni di politica di equilibrio, la quale ormai sarα il cardine della politica europea, e quindi anche italiana, del Settecento.\par
NΘ a scardi
narlo varrα la presenza anche di un secondo motivo, quello di una politica dinastica, per essere alcuni stati italiani sul punto di perdere la loro dinastia originaria. Tale era il caso di Parma e della Toscana. A Parma il duca Francesco Maria Farnese (1
694-1727) non aveva figli, nΘ li aveva il fratello ed erede Antonio (1727-31); era ben naturale quindi che Elisabetta Farnese, da Madrid, pensasse allÆavito ducato come a un possesso disponibile per uno dei suoi figli. Anche la Toscana, ormai in fase di
decadenza sotto i granduchi Ferdinando II (1626-70), che pose fine ad ogni attivitα della marina toscana, e Cosimo III (1670-1723), vedeva nella mancanza di prole del granduca Gian Gastone (1723-37) un motivo di grande incertezza per il proprio avvenire.
Il trattato dellÆAia (1720), pur costringendo la Spagna a rinunciare ai frutti della politica di Alberoni, si preoccup≥ di dare soddisfazione alla regina Elisabetta e promise al figlio don Carlos le successioni di Parma e della Toscana al momento dellÆe
stinzione delle dinastie Medici e Farnese. Con qualche modifica le promesse furono mantenute, ma come singoli momenti della lotta per lÆequilibrio, condotta dalle varie potenze per le guerre di successione polacca (1733-38) e austriaca (1740-48).\par
La
prima si svolse quasi essenzialmente in Italia, non volendo il re di Francia Luigi XV, forte dellÆalleanza con tutti i Borboni (patto di famiglia del 1733) e con il re di Sardegna Carlo Emanuele III (1730-73), allarmare lÆInghilterra con un attacco dire
tto ai Paesi Bassi austriaci (occupazione della Lombardia, di Parma e di Guastalla da parte delle truppe franco-sarde, della Sicilia e del Napoletano da parte di quelle spagnole). La pace di Vienna (18 novembre 1738) modific≥ lÆassetto territoriale itali
ano nel seguente modo: Carlo Emanuele III di Savoia ottenne i distretti di Novara e Tortona e il territorio delle Langhe; i regni di Napoli e di Sicilia furono sottratti allÆAustria e assegnati al figlio di Filippo V e di Elisabetta, don Carlos; il grand
ucato di Toscana, ove si era estinta la dinastia dei Medici, pass≥ a Francesco Stefano di Lorena, marito della futura imperatrice Maria Teresa dÆAsburgo, per indennizzarlo del ducato di Lorena, che la Francia aveva fatto assegnare a Stanislao Leszczy∩nsk
i; infine il ducato di Parma e Piacenza, che dal 1731 al 1736 era stato tenuto da don Carlos, pass≥ sotto il dominio dellÆAustria.\par
La successiva pace di Aquisgrana (18 ottobre 1748), che pose fine alla guerra di successione austriaca (in Italia si e
bbero la defezione di Carlo Emanuele III, che nel 1743 pass≥ nel campo degli Asburgo, la vittoria franco-ispana della Madonna dellÆOlmo nel 1744, lÆoccupazione austriaca di Genova e la conseguente rivolta popolare del 5 dicembre 1746), aument≥ il bottino
del re Carlo Emanuele III, che port≥ il confine del proprio stato al Ticino (annessione dei distretti di Voghera, Vigevano e Alto Novarese), e sottrasse allÆAustria il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla per farne possesso del secondo figlio di Elisab
etta Farnese, don Filippo.\par
Questi mutamenti, realizzati attraverso le guerre dinastiche, erano condizionati dallÆesigenza di non turbare lÆequilibrio e, infatti, allorchΘ il cosiddetto rovesciamento delle alleanze del 1756 pose fine al secolare diss
idio tra gli Asburgo e i Borbone, lÆItalia cess≥ di essere il campo di battaglia delle varie potenze europee ed ebbe assicurato un cinquantennio di pace, che la guerra dei Sette anni non turb≥ (1756-63).\par
Unico spostamento territoriale degno di nota
in questo cinquantennio fu quello operato nel 1768 con la vendita della Corsica alla Francia da parte della Repubblica di Genova: da tempo lÆisola era in stato di endemica rivolta contro il dominio genovese (insurrezione del 1729-32, che vide accanto a G
enova e in suo favore un intervento dellÆimperatore; seconda rivolta del 1733-39, la quale segn≥ lÆascesa della famiglia Paoli e nel 1736 diede vita per qualche mese allÆeffimero regno indipendente di Teodoro di Neuhoff; aperto intervento delle potenze s
traniere con lo sbarco nel 1738 di truppe francesi, che cercavano di esercitare una certa mediazione armata tra i contendenti, e lÆoccupazione delle isolette della Maddalena e di Caprera da parte di Carlo Emanuele III di Savoia; nuova insurrezione indipe